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Il *corpo delle donne / Lorella Zanardo. – Milano : Feltrinelli, 2010. – 204 p. : ill. ; 22 cm.

Copertina(recensione di Martina Mangherini)

Il corpo delle donne non nasce come libro, ma come vide-documentario.Non è una ricerca sociologica, non vuole essere un libro di contenuti accademici straordinari.
Il corpo delle donne parla di una donna, che ha deciso di parlare ad altre donne (ma anche a tanti uomini) di un argomento che spesso viene sottovalutato, e cioè l’utilizzo dell’immagine del corpo sul mezzo più visto e utilizzato dagli italiani, la televisione.
Lorella Zanardo non dice nulla di nuovo, eppure dice tutto.
Sfogliando le pagine, guardando i fotogrammi del documentario (spesso senza audio, per enfatizzare la potenza, già straordinaria, dell’immagine), veniamo a contatto con immagini nuove, che paradossalmente sono quelle che vediamo ogni giorno sullo schermo.
Come un velo che scivola via dagli occhi, chi legge si ritrova davanti alla realtà della rappresentazione della donna, non solo del suo corpo, attraverso il tubo catodico. Lorella Zanardo, che per sua stessa ammissione, a causa del suo lavoro di giornalista, non passa quasi mai tempo davanti alla televisione, guarda le immagini con occhi di bambina, disincantati, o per meglio dire, non indottrinati.
La sensazione infatti è quella di un risveglio intellettuale, una fastidiosa sensazione di assuefazione ad alcuni tipi di rappresentazione femminile, a volte addirittura osceni, tale da farli passare inosservati, ignorati, addirittura insignificante, non offensivo.
E invece l’offesa c’è.
La televisione è uno dei mezzi di comunicazione più diffusi in Italia, e specialmente negli ultimi anni, è entrato a fare parte delle nostre vite, come un componente aggiuntivo delle famiglie. La quantità, spesso davvero preoccupante, di tempo che trascorriamo davanti alla tv ne fa la principale compagnia della giornata e, nel caso dei bambini e delle bambine, diventa assume il ruolo di educatrice.
La qualità dei contenuti trasmessi dalla televisione, nonché l’influenza che questi hanno sugli spettatori e sulle spettatrici (di qualunque età), è sono stati oggetto di studi nel corso dell’ultimo secolo, da Karl Popper a Pierre Bourdieu, passando da Umberto Galimberi e Giovanni Sartori. Molti sono anche gli studi sulla rappresentazione del femminile e della sua corporeità.
Il concetto da cui parte Lorella Zanardo è molto semplice ma efficace: l’immagine deve essere spiegata. Spiegata non solo ai bambini e alle bambine, ma evidentemente anche agli adulti, che hanno perso, o non hanno mai avuto, quello sguardo critico verso ciò che esce dal tubo catodico. La soluzione proposta è l’evidenza: vengono proposte alcune immagini (nel libro vengono proposti alcuni fotogrammi, molto esemplificativi), dai programmi trasmessi in fascia oraria “protetta” (termine che, a fine lettura/visione viene diviene totalmente relativo).
La scomposizione è totale: non vengono valorizzate semplicemente le immagini della corporalità femminile, ma vengono evidenziate con maestria anche quelle dinamiche di potere tra uomo e donna, quelle disuguaglianze di genere che nella maggior parte dei casi abbiamo largamente interiorizzato.
E così emerge il punto di vista maschile, con cui la telecamera osserva, cattura, il corpo della donna. Emerge la cultura della chirurgia estetica, proposta come unica soluzione per ottenere un corpo all’altezza dell’aspettativa (maschile).

Una parentesi interessante, affrontata in modo lodevole, è la totale cancellazione dalla televisione, della donna matura. Viene affrontato non solo come concetto di negazione della vecchiaia/maturità, ma, molto più sagacemente, come una negazione del volto. Nascondere il volto, attraverso interventi di chirurgia, trucco abbondante, lifting, significa non solo cancellare la storia di ognuno di noi, ma soprattutto, cosa più pericolosa, cambiare la nostra possibilità di entrare in relazione con l’Altro.

Ciò che dimentichiamo spesso, o che forse diamo per scontato, è che l’elemento caratterizzante la televisione è l’imitazione della quotidianità. Ci viene svenduta una realtà artefatta, con il pericolo di farla diventare la vera realtà.

Questo concetto diventa ancora più pericoloso se viene posto davanti a dei bambini e bambine, che non hanno la capacità di analizzare criticamente ciò che vedono. Considerata per molti una babysitter, la televisione mostra ai bambini una realtà che non è quella che vivono ogni giorno, che crea aspettative differenti, che il quotidiano finirà irrimediabilmente per disilludere. Ci troviamo di fronte quindi a generazioni frustrate, a fenomeni come iltweening (cioè un’adolescenza anticipata), come la dipendenza dalla televisione, al rifiuto della realtà.

Davanti ad un panorama dove la donna è vista come oggetto dal punto di vista tutto maschile della telecamera (e indirettamente anche dello spettatore, maschio), ma non solo, persino la spettatrice si ritrova a condividere il punto di vista maschile della telecamera e ad oggettivare, mercificare il proprio corpo, la soluzione può essere spegnere la TV?

La risposta di Lorella Zanardo è che spegnere la tv oggi non serve, il vero atto innovativo è guardarla.
Guardarla non solo passivamente, ma on occhi diversi, con occhi nuovi.
Ma soprattutto, esserci.
Esserci come donne, esserci come spettatici, trovare prima di tutto una coscienza di noi stesse, per poi poterla proporre al mondo (soprattutto maschile) in una nuova dimensione di partecipazione e consapevolezza.
Trasformiamoci: dall’ “essere”, perchè sappiamo lavorare come uomini, a un “essere” che si forma proponendo un modo nuovo e complementare a ciò che già esiste.
Così da poter essere realmente Due, anziché Uno e la sua brutta copia.